Sabato 9 Marzo-Rosetta Spinelli "La perfezione dei punti"

Rosetta Spinelli-Presentazione 9 Marzo 2013
Rosetta Spinelli


copertina libro


Rosetta SPINELLI
Ho conosciuto Rosetta Spinelli qui in libreria LiberaMente quando, parlando di Autori e libri come si fa ancora con molti Clienti-lettori, mi ha confidato di essere l’autrice di un libro. Il primo libro. Ho chiesto subito di vederlo promettendole di leggerlo ed eventualmente fare un commento critico.
Qualche giorno più tardi la signora Spinelli è tornata con una copia di “La perfezione dei punti”. Le sue parole sono state ”leggilo”, “è una storie di donne”, “fammi sapere…”
Quel “è una storia di donne” lo avevo interpretato come “è una storia da donne o per donne”. Sarà un libro “rosa”, la solita storia d’amore…e per qualche giorno il libro è rimasto chiuso.
Le promesse vanno comunque mantenute e così cominciai a leggere.
Altro che libro da donne! “La perfezione dei punti” si è rivelato un piccolo gioiello. E’ la storia di tre donne Rosa, Maria e Chiara. Tre generazioni. La stessa famiglia.
Si parte nel periodo pre-fascismo, guerra d’Africa, il Fascismo, per arrivare al giorno d’oggi. Ebbene queste tre donne attraversano con la loro vita un secolo di Storia vera intrecciandola con la loro di storia, fatta a volte di realtà cruda, soprusi e violenza, silenzi e segreti.
Rosetta Spinelli tratta con delicatezza anche gli argomenti più difficili. Ci fa scoprire donne di casa, amate, adorate e al contempo abbandonate, umiliate e predate come animali ma che non smettono di sperare e reagire.
Non è un giallo ma i colpi di scena ci sono. Drammi e traumi che queste donne, per non far soffrire chi sta loro intorno, custodiscono segretamente. E’ la forza di questa famiglia. Quanta attualità con molti fatti che avvengono all’interno delle mura famigliari e una riflessione per tutti sull’importanza della donna in una famiglia.

Questa è la storia di Rosa e della sua resistenza. Questa è la storia di Maria e della sua vendetta. Questa è la storia di Chiara e della sua paura. Questa è la storia di tre donne, tre madri e tre figlie. Ed è la storia di tutte le donne. Perché gli uomini combattono le guerre, ma sono le donne a salvare il mondo.


SABATO 9 MARZO alle ore 17:00
 presso la Libreria LiberaMente di Oggiono (LC)
Presentazione del libro 
La perfezione dei punti
(Ilmiolibro edizioni )
Incontro con l’Autrice Rosetta Spinelli
Ingresso libero.

Domenica 3 Marzo 2013-Oreste FORNO "Il guardiano di dighe"

Oreste Forno-Guardiano di dighe
Oreste Forno
Pubblico 3 marzo 2013


Oreste Forno (nella foto)
è nato a Berbenno di Valtellina nel 1951. E’ socio accademico del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna e giornalista pubblicista. Da sempre innamorato della montagna, vi ha dedicato gran parte del suo tempo, come alpinista, sci alpinista, escursionista, fotografo e guardiano di dighe. E’ nella solitudine di questa sua ultima professione che ha trovato la migliore ispirazione per i suoi libri. Con l’editore Bellavite ha pubblicato gli ultimi libri: “Namasté, Lorenzo vive”(2006), “Fiori di ciliegio” (2010), “L’altra montagna” (2011) e “Guardiano di dighe, il lavoro più bello del mondo” (2012).

IL LIBRO. “GUARDIANO DI DIGHE”- “Esiste una categoria di lavoratori molto fortunati, che trascorrono il tempo immersi nella bellezza e nella pace della montagna. Sono i guardiani di dighe. Uno di loro si racconta: le camminate tra le melodie degli uccelli, il panorama mozzafiato della valle, la bellezza cangiante di un paesaggio che ispira sempre gioia, le notti buie d’inverno illuminate dalle stelle o dalla luna che fanno capolino nella stanza del guardiano, i lunghi turni sulla diga trascorsi scrivendo fiabe per i suoi bambini, per sentirli vicini”

IL FILM-Si intitola, non a caso,Guardiano di stelle ed è un cortometraggio.(Regia di Pino Brambilla, soggetto di Roberto Serafin, produzione Lomar). Il film è stato premiato all’”Orobie film festival”(Bergamo), prestigiosa rassegna internazionale del documentario di montagna e del film a soggetto. Nella scheda di presentazione leggiamo: “Ritrovare il senso della libertà, fuggire dalla routine, staccare dalla vita quotidiana, vivere a contatto con la natura. Sono queste le principali motivazioni che fanno sognare un posto di guardiano di impianti idroelettrici”. È in questo film che ritroviamo la scelta vitale  di Oreste Forno, il guardiano di dighe, con la sua sete di libertà e di avventura.

Copertina libro GUARDIANO di DIGHE (Bellavite editore)


Oreste Forno sarà presente Domenica 3 Marzo alle ore 16:30, presso la Hall dell’Ospedale Manzoni di Lecco per parlarci del suo ultimo libroGUARDIANO DI DIGHE, il lavoro più bello del mondo”(Bellavite editore). Durante la presentazione verrà proiettato il cortometraggio “GUARDIANO DI STELLE”, un film che interpreta pienamente la sete di libertà e di avventura del guardiano-scrittore.

L’iniziativa si inserisce fra quelle denominate “Caffè letterario al Manzoni” che l’Associazione Bibliohospitalis dell’Ospedale di Lecco organizza in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera dell’Ospedale di Lecco e la Libreria LiberaMente di Oggiono.
Il “Caffè letterario” è aperto a tutti i degenti che se la sentono di passare un pomeriggio diverso, ai parenti, ma anche a tutti i cittadini che amano la Lettura e la Cultura. L’ingresso è libero.



Terminata la presentazione del libro “Guardiano di dighe”all’Ospedale Manzoni di Lecco eravamo tutti molto felici perché Oreste Forno ci aveva trasmesso una scarica di positività con le sue parole e soprattutto con il suo esempio di vita.
Le scelte, l’appagamento, le priorità…la priorità più importante.
A vent’anni. Un giovane tecnico elettronico IBM avviato ad una rapida carriera che lo porta a fare la spola tra l’Italia e gli Stati Uniti. Il posto fisso con la prospettiva oggi di una tranquilla pensione.
A quasi quarant’anni. La scelta di lasciare tutto per diventare un grande alpinista, scalare tutte le cime del mondo, superare continuamente se stessi. Un lavoro precario ma spesso illuminato dai riflettori della fama e della notorietà. Poi la fame di famiglia, una moglie, i figli.
A cinquant’anni. La scelta di lasciare le grandi avventure per cercare un lavoro che ti da uno stipendio alla fine del mese, ma anche la possibilità di continuare a vivere in mezzo alla natura, alle montagne che ami: il guardiano di dighe. Un lavoro che potrebbe annoiare, avendo tanto tempo libero, ma che può essere il lavoro più bello del mondo per chi come Oreste ama la solitudine, ha la passione della lettura e soprattutto di scrivere libri.
E’ l’ultima scelta di Oreste Forno. Una scelta che fa riflettere. Cosa spinge una persona abituata ai riflettori, alle grandi cime, apparentemente a ridimensionarsi, scegliendo un lavoro quasi anonimo?
La risposta viene dalle sue parole:”La famiglia, i miei figli sono la cosa più importante della mia vita. Ho scelto un lavoro che mi tiene vicino all’ambiente che più amo, la montagna. Mi piace la natura, l’acqua stessa che controllo. E’ un lavoro che mi permette di scrivere e soprattutto mi da uno stipendio di cui la mia famiglia ha assoluto bisogno. In fondo le vere cime non sono quelle innevate dell’Himalaya o delle Ande ma quelle che abbiamo dentro di noi…e io quelle cime le ho già superate”.

Sabato 2 Marzo 2013-Silvia Bolis presenta il libro "CAMINO il treno che sapeva sognare"

Silvia Bolis
Silvia Bolis-Presentazione in LiberaMente
Pubblico in LiberaMente 2 Marzo 2013


Illustrazione di Laura Spianelli e Simone Delladio


SABATO 2 MARZO alle ore 17:00
 presso la Libreria LiberaMente di Oggiono (LC)
Presentazione del libro “Camino, il treno che sapeva sognare
(Il Ciliegio edizioni www.edizioniilciliegio.com )
Incontro con l’Autrice Silvia Bolis
Ingresso libero.

Silvia BOLIS
è nata a Lecco nel 1975, vive a Olginate (Lecco) e lavora come copywriter libera professionista. Per diversi anni, come Camino, ha percorso ogni giorno la stessa tratta ferroviaria: nel suo caso la Lecco-Milano. Ha scoperto così che i treni sono ispirati e generosi cantastorie e a questa loro segreta natura ha pensato di dare voce.

Dall’INTRODUZIONE di Camino

Lentamente muore/ chi diventa schiavo dell'abitudine,/ ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,/ chi non cambia la marcia,/ chi non rischia e cambia colore dei vestiti,/ chi non parla a chi non conosce. […] Muore lentamente chi evita una passione,/ chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i"/ piuttosto che un insieme di emozioni,/ proprio quelle che fanno brillare gli occhi,/ quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,/ quelle che fanno battere il cuore/ davanti all'errore e ai sentimenti (Martha Medeiros)

D'ora in poi non guarderete più un treno con gli stessi occhi. Dopo avere letto questo splendido libro: Camino-Il treno che sapeva sognare. E non temete di commuovervi pagina dopo pagina, non vergognatevi di quei dolci moti e sconvolgimenti che sorprenderete dentro il vostro animo nello scorrere i pensieri, la malinconia, i sogni, le speranze, la nostalgia evocati da Camino, il treno che deve percorrere la tratta da Qui e Là e ritorno, due città separate da poche decine di chilometri.
Due binari in un infinito uguale, ma il viaggio può essere sempre diverso. Se si vuole, se solo si sa udire la musica della pioggia, assimilare, immergendovisi, la struggente bellezza di un tramonto, abbandonarsi alla musica del vento, farsi carezzare dai milioni di farfalle quali sono i fiocchi di una nevicata, lieve elegante ed educata danza senza tempo, accettare l'incognito dono di ogni nuovo giorno, abitare le misteriose e confortevoli dimore della nebbia, non considerare il ricordo come un rischio o un pericolo. Se solo non ci si dimenticasse d'esser stati bambini e di essersi stupiti alla magia del mondo che si rivela, al fiore che il mattino si schiude, all'arcobaleno che porta altrove, alle isole celesti. Se solo – noi umani – desiderassimo, ancora e sempre, stupirci: una scelta semplice e doverosa; una semplicità cui nessuno dovrebbe rinunciare, chiave di volta (l'unica) della saggezza e, soprattutto, dello stare bene in sé e con sé, con gli altri.
Davvero Silvia Bolis ha saputo creare una storia deliziosa, una meravigliosa parabola, un po' come Firmino, il topo intelligente e cultore di libri portato al successo da Sam Savage. La differenza è che Firmino ha una matrice d'incolmabile diversità e un marchio di latente infelicità: l'anima di un uomo nel corpo di un ratto… Camino, no. Camino è felice, ha degli amici: l'Ingegnere che l'ha creato, il suo papà; Alba, una bambina speciale che sente i pensieri del giovane treno – “Il treno non voleva illudersi, eppure… lei riusciva a vederlo! Tutte le persone vedono i treni, ovviamente, e si vedono tra loro, ma ci sono tanti modi di vedere e nessun umano, a parte l’Ingegnere, era mai riuscito a penetrare con lo sguardo nella sua parte più profonda, quella in cui prendevano forma i suoi pensieri. Eppure lei ci riusciva perché i Bambini, di solito, riescono a vedere l’anima delle cose. Mi chiamo Alba, disse la bambina al treno, vuoi giocare a palle di neve con me?” –; gli altri treni, fra cui il Vecchio Merci; la nave Rose che solca gli oceani, conosce infinite storie e sente il canto delle balene. Camino saprà uscire dai binari della consuetudine, dal quieto e mortifero grigiore dell'assuefazione – scriverà persino un romanzo (!) pur non avendo le mani  –, e vedrà il mondo traversando l'immensa distesa salata dell'Atlantico per approdare a Here (San Francisco) nella scintillante baia protetta dal suo rosso o aureo, a seconda della luce, ponte, porta verso altre terre, onde, voci, idee, orizzonti.
“Il rumore delle sue ruote di ferro sulle rotaie si era attutito sempre di più, per poi scomparire. Ad un tratto tutto era silenzio, luce e velocità. Camino non vedeva più i boschi, l’oceano e nemmeno le rotaie, ma riusciva a percepirli in lontananza come le cose che si vedono in sogno. L’aria che lo attraversava sembrava sciogliere uno dopo l’altro i nodi che si portava dentro: i dubbi sul futuro, la nostalgia, il dolore e la rabbia di quando si era sentito abbandonato, la paura della nebbia. Tutto veniva dissolto in quello strano vento che aveva il potere di raggiungere le parti più profonde della sua anima. Dissolto e trascinato lontano. Allora Camino capì che cosa si prova a essere liberi. “Non ho più i binari!” si disse, con l’assoluta certezza che da quel momento avrebbe potuto andare dove voleva. E quella splendida sensazione aveva il sapore inconfondibile della verità”.
Colpi di scena si succedono... ci sarà pure uno sciopero dei treni, nel senso che viene deciso proprio dai treni, oltre la volontà degli umani inconsapevoli e immemori; in un sogno, piccola fantastica parentesi di ironica surrealtà compare Albert Einstein e i diagrammi di Gantt dialogano fra loro e i numeri primi sorseggiano cocktail. La costruzione del racconto è perfetta: un'architettura bizzarra ma solida come una casa di Gaudí; inventività senza confini ma con essenzialità di linee; una serena commistione di elementi naturali e intellettuali; fuochi d'artificio nell'atmosfera lunare. E il valore della solidarietà, oltre ogni logica di cinismo e d'egoismo.
Un elemento hanno invece in comune il bestseller di Sam Savage e il libro di Silvia Bolis: la straordinaria qualità della scrittura. L'augurio è che questo lavoro della giovane autrice conosca la miglior fortuna, lo merita per i profondi contenuti che esprime, per i messaggi che veicola senza alcuna saccenteria, per la soavità, mai scevra di incisività, dello stile, per gli squarci di poesia che s'aprono al cuore.
Una favola, un apologo di lieta e sapiente stralunatezza, che appaga, che si scolpisce con gentile prepotenza nelle nostre fibre sentimentali. Indimenticabile, genuina, toccante vicenda che tutti coinvolge e riguarda: il viaggio, la vita.
Soltanto l'ardente pazienza/ porterà al raggiungimento di una splendida felicità.
Buon viaggio, Camino. Buon viaggio, o nostro lettore.

Alberto Figliolia


Domenica 10 Febbraio 2013- 49° Carnevale di Oggiono

Siamo di parte, perciò un applauso a tutti i carri allegorici e a tutti i gruppi partecipanti del 49° Carnevale Oggionese ma... "Chi cerca la PIMPA trova un tesoro" (Oratori della Comunità pastorale S. Giovanni Battista-Annone, Ello, Imberido, Oggiono). BRAVI!!!
La Pimpa-Carnevale di Oggiono 2013
La Pimpa-Carnevale di Oggiono 2013
Carnevale Oggiono 2013
La Pimpa-Carnevale Oggiono 2013


Carnevale 2013.”Chi cerca la Pimpa trova un tesoro”
Un altro carnevale è archiviato. Con questo sono 49 i carnevali oggionesi, nati dalla fantasia e dalla bravura dell’indimenticabile “Dumenech bidel” (Domenico Aldeghi) e arrivati ad oggi grazie all’organizzazione, costanza e professionalità della Pro Loco di Oggiono.
Un carnevale storico nella nostra zona come storico si può considerare il gruppo dell’Oratorio di Oggiono, ora con tutti gli Oratori della Comunità pastorale Giovanni Battista, che tutti gli anni da decenni porta alla sfilata un suo carro allegorico.
Ma come nasce un carro di carnevale? Vi racconto come abbiamo costruito la “Pimpa”.
I primi contatti fra i “costruttori” avvengono nel periodo natalizio, anzi nel momento stesso che viene annunciato il giorno della Pasqua, perché in base a quello si calcolano i giorni che mancano al carnevale. Se la Pasqua è “alta” c’è più tempo disponibile, ma se è “bassa” come quest’anno bisogna correre.
Ognuno comincia a pensare al tema del carro e vi assicuro che la cosa non è così semplice. Non tanto per mettere d’accordo tutti, ma per il fatto che dopo trenta anni di carnevale il rischio è quello di ripetersi. L’elefante: già fatto, Garibaldi: già fatto, il dinosauro: già fatto, Ulisse: già fatto, Cenerentola: già fatto, …abbiamo fatto anche Louis Armstrong, tigri, pirati, cavalli di Troia, Balene...
La Pimpa ci mancava. Un personaggio perfetto, che tutti i bambini conoscono, due colori:bianco e rosso. Il colpo d’occhio, la macchia di colore dei bambini in costume è fondamentale per la riuscita del carro.
La riunione organizzativa prevede l’accordo sul tema e soprattutto la divisione dei compiti. Gli uomini per la costruzione del carro, le donne per i costumi.
C’è lavoro per tutti. Il carro è lungo più di 10 metri e in altezza supera i balconi delle case, ma anche i costumi non sono pochi: si prevedono più di 150 persone tra bambini e adulti.
Si parte. “Il capannone c’è?”. Si, forse, speriamo… “Il mezzo sopra il quale verrà costruito il carro di carnevale (un ex pulmino della scuola salvato dalla rottamazione) funziona ancora? L’anno scorso la frizione aveva fatto i capricci!”. Si, è partito al primo colpo, dopo un anno di inattività. Miracoli del carnevale.
Stavolta si parte davvero. Calcoliamo che abbiamo ben (o appena) 4 settimane piene prima del giorno della sfilata che è il 10 febbraio.
I primi giorni, la maggior parte della gente non capisce che cosa si stia facendo. Soprattutto i nuovi non riescono neppure ad immaginare che sopra quella struttura di ferro e plastica poi nascerà il personaggio che avevamo pensato. La struttura è importante, deve tenere ben due sfilate: quella di Oggiono e quella di Lecco, nonché il trasferimento da Oggiono a Lecco e ritorno.
Si studiano i movimenti. Anche questi sono fondamentali. In particolare per la sfilata di Oggiono dove il rischio è alto, per le vie strette, i balconi, gli alberi di viale Vittoria. “La testa si deve abbassare altrimenti i rami toccano”. “In Piazza Mercato dobbiamo stringere”. “Toglieremo le ruote come il team Ferrari”…”Ricordiamoci l’altezza, che il carro deve uscire dal capannone!”
La Comunità Pastorale è importante. Seguendo il motto che l’unione fa la forza  tutte le sere dalle nove a mezzanotte, al capannone arriva gente di Oggiono, Ello, Annone e Imberido. Diciamo in media una decina di persone tutte le sere.
Altro che Banca del tempo. Tutte le sere, dopo cena, ma soprattutto dopo una giornata di lavoro si ritrovano al capannone impiegati, operai, giardinieri, vetrai, librai che si trasformano in saldatori, “cartapestisti”, pittori.
Quando la struttura meccanica è pronta, la parte del leone la fa la cartapesta. Qui dobbiamo dire che siamo molto bravi. Quest’anno oltre alla Pimpa abbiamo voluto fare anche alcuni personaggi in cartapesta, sotto forma di testoni da portare sulle spalle. Gli amici della Pimpa: Armando, il gatto blu, il coniglio, il pinguino, il pulcino, la lumaca. Per fortuna che avevamo solo un mese di tempo altrimenti chissà cosa avremmo fatto.
Intanto che gli uomini saldano e cartapestano, le donne preparano i vestiti. Non solo quelli per i bambini, ma anche quelli per i personaggi in cartapesta. Un lavoro da professioniste.
Gli ultimi giorni sono per i pittori. Il rosso e il bianco si è sprecato. Smalto a chili ma l’effetto lucido è troppo importante, poi se per caso piove, la cartapesta tiene di più.
Infine la musica. “Hai scaricato la colonna sonora della Pimpa da internet?” “Le casse acustiche sono a posto?” “Chi abbiamo davanti in sfilata? Ti ricordi quella Banda che avevamo davanti l’anno scorso che ci chiedeva in continuazione di abbassare il volume?..”
Gli ultimi ritocchi sono la mattina stessa della domenica della sfilata. C’è sempre qualcosa da correggere. Ci si prepara come per una sfilata di moda. Gli spray lavorano a tutto spiano.
Mangiamo pane e salame su un tavolo improvvisato vicino al carro, quasi temessimo qualche disguido dell’ultimo momento.
Ci avviamo al ritrovo sul piazzale del Millepiedi. Ci hanno messi ancora una volta per ultimi. Sul piazzale ci sono altri carri. Ci guardiamo e cominciamo a confrontarci.
Arrivano i bambini vestiti da Pimpa, ma quanti sono! Siamo bellissimi.
La sfilata parte. C’è un sacco di gente. Come siete belli! La Pimpa si muove benissimo, nessun crac. Qualche problema in Piazza ma l’avevamo previsto. Cambio delle ruote. Sul Provinciale sembra di essere a Rio. Il colpo d’occhio della macchia rossa e bianca dei bambini è notevole. Anche questo era previsto.
Ritorniamo in paese fino al palco della giuria. Siamo stanchissimi ma molto felici.
Per la giuria siamo terzi. Non importa.
Sappiamo di aver dato il massimo, di aver passato un mese incredibile in compagnia. Sono nate anche amicizie. Ci siamo divertiti. Soprattutto abbiamo mantenuto lo spirito del Carnevale di Dumenech che l’aveva chiamato “Il Carnevale dei Bambini”.
Adesso aspettiamo il 50° Carnevale…ma Pasqua l’anno prossimo sarà alta o bassa?

“Chèll brasc del lâch de Com” con Gianfranco Scotti-Domenica 17 Febbraio 2013

Scotti 17/02/2013
Gianfranco Scotti

DOMENICA 17 Febbraio 2013
ore 16:30
Hall Ospedale MANZONI di LECCO
CAFFE' LETTERARIO Bibliohospitalis
“Chèll brasc del lâch de Com”
Gianfranco SCOTTI rilegge "I Promessi Sposi" in dialetto Lecchese


Gianfranco Scotti (nella foto)
Nasce a Cuggiono (Mi) nel 1941 da famiglia milanese, vive a Lecco. Comincia a recitare all`età di cinque anni, sotto la guida dei genitori, valenti attori dilettanti.
Nel 1959 è nel Civico Seminario Manzoniano e di Arte Scenica fondato in quell`anno a Lecco, una scuola di recitazione e di formazione teatrale che nell`arco di dieci anni ha preparato al teatro molte decine di giovani, alcuni dei quali hanno poi scelto la carriera professionale nel teatro. Ha partecipato e partecipa a molte iniziative teatrali del territorio lecchese. Collabora a periodici locali occupandosi prevalentemente di temi culturali legati alla vita della sua città. Fino al 1990 è stato funzionario del Comune di Lecco in qualità di Segretario del Sindaco e quindi di Capo Ufficio Stampa e P.R. Dal 1993 al 2001 è stato consigliere comunale di Lecco. Ha rivolto i suoi interessi alla letteratura lombarda, con particolare attenzione alle figure di Carlo Porta, Tommaso Grossi, Delio Tessa, Giovanni Barrella. Nel 1982 ha promosso e diretto la compilazione di un vocabolario italiano-lecchese e lecchese-italiano, un`opera di grande respiro realizzata nell`arco di dieci anni e ripubblicata accresciuta e corretta nel 2001. Fra le molte pubblicazioni dedicate alla sua città, si ricorda l’ultimo lavoro “Lecco el cantun di ball e…” (2010, Dominioni editore) ma anche uno studio sull`architettura Liberty, una guida di Villa Manzoni al Caleotto, un volume sulle ville di Lecco e provincia, un volume (con Aroldo Benini) su Lecco e le sue riviere nella descrizione di artisti e viaggiatori fra Cinquecento e Novecento e tre volumi (con Angelo Borghi) dedicati ai dipinti di Lecco in collezioni private, alle incisioni di Lecco e alla cartografia lecchese dal XIV al XIX secolo. E` autore, con Mario Longatti, di uno studio sui cognomi e le famiglie delle province di Como e di Lecco e, con molti altri, di un dizionario storico-illustrato di Lecco e della sua provincia. Ha inciso un CD con poesie di Porta, Grossi, Tessa e Barrella. E` redattore, dalla fondazione, nel 1978, della rivista di studi storici "Archivi di Lecco". Da oltre trent`anni tiene recitals di Carlo Porta e di altri poeti lombardi. Dal 1986 è a capo della delegazione di Lecco del F.A.I.

Il Prof. Gianfranco Scotti presenterà Domenica 17 Febbraio alle ore 16:30, presso la hall dell’Ospedale Manzoni di Lecco il progetto di un’edizione integrale in dialetto lecchese de “I Promessi Sposi” e ci allieterà con la sua consueta bravura leggendo alcuni brani Manzoniani in vernacolo lecchese.
L’iniziativa si inserisce fra quelle denominate “Caffè letterario al Manzoni” che l’Associazione Bibliohospitalis dell’Ospedale di Lecco organizza in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera dell’Ospedale di Lecco e la Libreria LiberaMente di Oggiono.
Il “Caffè letterario” è aperto a tutti i degenti che se la sentono di passare un pomeriggio diverso, ai parenti, ma anche a tutti i cittadini che amano la Lettura e la Cultura. L’ingresso è libero.